Mai avrei pensato di scrivere un articolo sulla guerra invece eccomi qui a parlarne.
In studio il tema della guerra emerge, a volte in maniera marcata, a volte accennata ma mi rendo conto di quanto questo tema sia presente e incalzante perché non è possibile restare indifferenti e non provare emozioni contrastanti anche se non siamo direttamente coinvolti.
Il conflitto in corso in Ucraina incide notevolmente sulla psiche di molteplici persone: di chi vive sotto gli attacchi, di amici e parenti di qualcuno che si trova nello scenario di guerra, dei soccorritori o di chi è lì a documentare ciò che sta accadendo ma anche di chi è solo spettatore.
L’impatto psicologico sulle persone lontane dal conflitto
Anche se al momento il conflitto è lontano da noi l’esposizione mediatica e il vociferare di “Terza guerra mondiale” fa sì che in molti lamentano malesseri psicologici più o meno gravi legati ad esso.
Dopo due anni di pandemia dove la nostra psiche è già stata fortemente messa a dura prova ci si ritrova a dover fare i conti di nuovo con l’incertezza verso il futuro e la sensazione di non poterlo controllare.
Quali sono le emozioni più frequenti?
- Dolore (nel vedere e sentire di persone uccise, ferite, sfollate, in fuga oppure immagini di città distrutte)
- Rabbia
- Paura (temiamo che il conflitto possa allargarsi, delle ricadute economiche- aumenti dei costi delle materie prime o possibile scarsità di queste- della minaccia nucleare).
- Impotenza (sentiamo di poter fare poco o nulla per cambiare le sorti di quanto sta avvenendo)
- Fatica (come scritto sopra la nostra psiche ha già vissuto due anni di pandemia molto pesanti).
Ad esse possono accompagnarsi sentimenti di tipo depressivo: pessimismo, rimuginazioni (ad es. sulla sorte dei propri cari), mancanza di concentrazione, alterazione del sonno e dell’appetito persino senso di colpa (per essere sopravvissuti agli altri, per non essere lì a combattere con i propri concittadini, per poter vivere serenamente lontano da quegli orrori) ma anche stanchezza fisica e mentale.
Come gestire queste emozioni?
- LIMITARE LE INFORMAZIONI: cercare di informarsi solo una/due volte al giorno su ciò che sta accadendo e preferire i giornalia immagini e video che sono molto più traumatizzanti rispetto a un racconto scritto, evitando i momenti che avvicinano al sonno. Ricordo che nel nostro cervello le risorse psichiche son limitate, per cui se da un lato è importante informarsi dall’altro abbiamo bisogno di non farle esaurire.
- PARLARE del proprio vissuto: condividere con l’altro le nostre emozioni aiuta a legittimarle, ad alleggerirci, ad accettare le nostre paure e a non sentirci sopraffatti.
- ACCETTARE E AGIRE: da un lato accettare la realtà che significa fare i conti con ciò che è presente ed è un dato di fatto, dall’altro agire che è ciò che permette di trasformare il senso di impotenza per quello che sta succedendo, in responsabilità, nel prendersi cura di chi sta soffrendo ed è in difficoltà; ad esempio inviando aiuti (in denaro o in beni), collaborare con associazioni di volontariato, donare ai profughi in arrivo tempo o risorse, così da sentirsi concretamente utili alla causa.
- METTERCI AL CENTRO: non è possibile accogliere l’altro se non dedichiamo tempo e attenzione ai noi stessi.
- CHIEDERE AIUTO: se i livelli di ansia e/o tristezza sono tali da farci vivere la nostra quotidianità con difficoltà e sentiamo compromesse alcune aree della nostra vita, chiedete aiuto ad un professionista per non cronicizzare i sintomi.
Concludo con una riflessione personale:
sono convinta che la pace sia possibile e per essere dei guerrieri e dei rivoluzionari non occorre utilizzare le armi. In questo periodo così buio due frasi in particolare guidano le mie giornate; una di Gandhi e l’altra della Montessori.
“Quando dispero, io ricordo che nel corso di tutta la storia
la via dell’amore e della verità ha sempre trionfato.
Ci sono stati tiranni e macellai, e per un po’ possono sembrare invincibili,
ma la conclusione è che cadono sempre.
Riflettici. Sempre”.
Gandhi
“Tutti parlano di pace, ma nessuno educa alla pace.
Le persone educano alla competizione e questo è l’inizio di qualsiasi guerra.
Quando educhiamo a cooperare ed essere solidali l’uno con l’altro,
quel giorno, educheremo per la pace”.